La teoria galileiana delle maree
 
Per riassumere la teoria galileiana delle maree,possiamo servirci delle parole stesse del suo autore,che ci paiono particolarmente chiare e pertinenti:’’…Figuriamoci dunque una barca veneziana con mediocre velocità per la Laguna, portando placidamente l’acqua della quale ella sia piena, ma che poi, o per dare in secca o per altro impedimento che le sia opposto, venga notabilmente ritardata; non perciò l’acqua contenuta perderà, al pari della barca, l’impeto già concepito, ma,conservandolo,scorrerà avanti verso la prua, ove notabilmente si alzerà, abbassandosi verso la poppa; ma se, per l’opposto, all’istessa barca, nel mezzo del suo placido corso,verrà con notabile aumento aggiunta nuova velocità, l’acqua contenuta, prima di abituarsene, restando nella sua lentezza, rimarrà indietro, cioè verso la poppa, ove in conseguenza si solleverà, abbassandosi nella prua.’’
Procedendo in modo analogico, cioè assimilando concettualmente la Terra alla gondola, e i mari all’acqua contenuta nella gondola stessa, Galileo ritiene di poter spiegare il moto diurno di marea.
La prima difficoltà che deve affrontare,consiste ovviamente nello spiegare le variazioni di velocità del contenitore (Terra),responsabili dell’alzarsi e dell’abbassarsi del contenuto (mari). La dimostrazione dell’assunto è affidata al seguente semplicissimo schema:
Sono indicati in figura, mediante le frecce,i moti della Terra attorno al Sole, e di un punto dell’equatore terrestre, attorno al centro della Terra stessa. Ciascuna delle due velocità è assunta, in prima istanza, uniforme in modulo. C’è da precisare, a questo proposito, che Galileo ritiene erroneamente che la velocità del moto annuo sia circa tre volte quella del moto diurno. Il rapporto reale è,in effetti,il seguente:. Le parti della Terra corrispondenti, di volta in volta, al punto b, si muovono con velocità pari alla somma delle velocità annua e diurna. Le parti della Terra corrispondenti, di volta in volta, al punto d, si muovono con velocità pari alla differenza fra la velocità annua e quella diurna. In a e in c,i contributi del moto diurno sono trascurabili. Si può anche dire che, da b a d,il moto è decelerato, da d a b, è accelerato.
Come è ovvio,e come Galileo fa esplicitamente osservare,gli effetti di queste accelerazioni e decelerazioni si fanno particolarmente sentire sulle acque dei mari disposti,come il Mediterraneo,sull’asse ponente levante.Consideriamo,ad esempio,l’estremità occidentale di uno di questi mari,Quand’essa si trova in b,animata da velocità massima,la sua situazione è analoga a quella della poppa della gondola di Galileo:l’acqua,mantenendo per inerzia la propria velocità,precede la Terra nel suo moto,abbassandosi nel punto considerato.Bisognerà attendere che tale punto si trovi in d,perché il fenomeno si inverta. Una delle principali obiezioni che è possibile muovere alla teoria precedente, è che essa prevede,per l’alternarsi della marea,un periodo di dodici ore,e non di sei ore (circa),come evidenzia l’esperienza.Per rispondere all’obiezione,Galileo fa ricorso a circostanze accidentali,come la forma del mare e delle sue coste,i fiumi che vi confluiscono ,e la profondità del mare stesso,e si sofferma particolarmente sulla circostanza che l’acqua,quando sia stata spostata dalla sua posizione d’equilibrio,tende spontaneamente a ritornarvi.Questo moto oscillatorio dell’acqua,combinato con il meccanismo precedentemente descritto,è quindi usato da Galileo per spiegare la periodicità di sei ore della marea, periodicità non universale, ma caratteristica, a suo avviso, delle acque mediterranee.
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