Galileo
 

Ritratto di Galileo Galilei
Galileo nacque a Pisa nel 1542 da Vincenzo Galilei, apprezzato musicologo e compositore, e crebbe in un ambiente aperto e anticonformista, come è testimoniato dalla frase seguente, attribuita a suo padre:"mi sembra che coloro i quali cercano di giustificare un’affermazione fondandosi unicamente sul principio di autorità, si comportino in modo del tutto assurdo." Dopo aver compiuto ottimi studi secondari presso i gesuiti del monastero di Vallombrosa, Galileo fu immatricolato a diciassette anni nella facoltà di medicina dell'università di Pisa, ma, quattro anni più tardi, non essendogli stata concessa una borsa di studio, dovette abbandonare i corsi, in quanto suo padre, il quale aveva a carico una numerosa famiglia, non disponeva più dei mezzi per fargli continuare gli studi.

Negli anni successivi si dedicò a studi di meccanica, nella quale si era già mostrato particolarmente versato (ancora studente, aveva stabilito il "principio dell'isocronia delle piccole oscillazioni del pendolo"), finché, nel 1589, non fu nominato, per intercessione del granduca Ferdinando di Toscana, professore di matematica nella stessa università di Pisa. Nel 1592, Galileo ottenne la cattedra di matematica presso l’università di Padova, ove rimase per diciotto anni, durante i quali gettò le basi della meccanica moderna e si convinse sempre di più della giustezza della teoria eliocentrica copernicana.

Per molto tempo, la fama di Galileo docente a Padova, fu legata essenzialmente all'abilità con cui egli, aiutato da valenti artigiani, fabbricava ingegnosi strumenti (anche ad uso della Repubblica di Venezia ), mentre, per avere notizie della sua attività teorica, dobbiamo ricorrere ad alcune lettere che egli si scambiò con vari corrispondenti, ad esempio con Keplero. Le prime espressioni pubbliche del pensiero di Galileo si ebbero in occasione delle sue scoperte astronomiche, e furono ribadite mano a mano che tali scoperte divenivano più numerose e significative soprattutto dopo che egli aveva lasciato Padova, essendo stato nominato, nel settembre 1610, Filosofo e Matematico Primario del Granduca di Toscana, e Matematico Primario dello Studio di Pisa, senza obbligo di insegnamento.
Ma il mondo accademico italiano era ancora in larga misura di tendenze aristoteliche, e mal sopportava il progressivo affermarsi di teorie che avrebbero potuto mettere in crisi la dottrina ufficiale e compromettere il prestigio di numerosi cattedratici. Di qui, la creazione di una sorta di lega antigalileiana, di cui facevano parte, tra gli altri, il matematico Antonio Magini dello Studio bolognese, il rettore dell'Università di Pisa Arturo d'Elci, il letterato fiorentino Ludovico Delle Colombe, autore di uno scritto anticopernicano (prendendo spunto dal nome di quest’ultimo, Galileo, con il suo pesante umorismo, parlerà di lega dei piccioni). I piccioni disponevano invero di un'arma molto temibile, costituita dalla copertura che la dottrina ufficiale della Chiesa aveva offerto all'aristotelismo. Chi contraddicesse le teorie astronomiche aristoteliche, correva il rischio di venire accusato di diffondere teorie eretiche.

Galileo si vide pertanto costretto ad esercitare i suoi poteri di comunicazione anche al di fuori del mondo accademico, affrontando il tema delicato dei rapporti fra scienza e teologia. Poi, per reagire ancor più efficacemente agli attacchi che gli venivano mossi dai suoi nemici, si decise a recarsi di nuovo a Roma, ove giunse il 3 dicembre 1615, con l'intenzione di discutere il suo problema al massimo livello, e di cercare di convincere l'autorità ecclesiastica della bontà delle proprie ragioni. Gli esiti di questo nuovo soggiorno romano furono del tutto fallimentari. Ad onta delle intercessioni di amici ed estimatori di Galileo, fra i quali si annoverava il giovane cardinale Orsini, il 23 febbraio 1616 i Qualificatori del Sant'Uffizio dichiaravano, all'unanimità, eretiche le tesi copernicane, relative all'immobilità del Sole e alla mobilità della Terra. Prima che la condanna, ratificata dal Papa Paolo V, divenisse ufficiale, il cardinale Bellarmino fu incaricato di ricevere Galileo in udienza privata, e di convincerlo benevolmente ad abbandonare la concezione eliocentrica. Gli anni che seguirono il decreto del Sant’Uffizio, definiti comunemente dai biografi di Galileo anni del silenzio, furono in effetti dedicati dallo scienziato pisano ad affilare le proprie armi, e a mettere a punto argomenti capaci di corroborare le tesi copernicane. Il 23 maggio 1618, Galileo inviava all'imperatore Leopoldo d'Austria una lettera ossequiosa accompagnata da una copia del suo scritto "Sul flusso e riflusso del mare"; egli credeva, infatti, di avere individuato nel fenomeno di marea la prova decisiva del doppio moto terrestre. Poi, a partire dal novembre dello stesso anno, l'attenzione di Galileo e, in generale, del mondo scientifico europeo, si concentrò sull'improvvisa comparsa di tre comete.



In alto: Sistema copernicano
In basso: copertina de "Operazioni col compasso"

La villa "Il gioiello"
Ma al di là del dibattito strettamente scientifico, è sul fronte ideologico che Galileo intendeva muoversi con opportuna efficacia. Due eventi, verificatisi rispettivamente nel 1621 e nel 1623, condizionarono, in qualche misura, il suo comportamento. Il primo di essi, fu la morte del granduca di Toscana Cosimo II, protettore di Galileo, cui successe il figlio Ferdinando II, in giovanissima età, sotto la reggenza della madre Maria Maddalena d'Austria e della nonna Cristina di Lorena. Il secondo, fu l'ascesa al trono pontificale del cardinale Maffeo Barberini, fiorentino d'origine, che prese il nome di Urbano VIII°. Confortato da quest'ultima circostanza (il nuovo pontefice, a differenza del precedente, era noto per la sua mente aperta e illuminata), Galileo si recò di nuovo a Roma per un breve periodo, cercando di saggiare il terreno; e, al suo ritorno a Firenze, produsse un nuovo documento di cauta difesa del copernicanesimo. Era intenzione di Galileo esporre gli argomenti contenuti in tale scritto, ma in forma molto più ampia, in un'opera, redatta in lingua italiana e in forma di dialogo, che, senza compromettere direttamente l'autore, potesse convincere un vasto pubblico della validità della teoria copernicana. La redazione di quest'opera, spesso interrotta per motivi personali, soprattutto di salute, si protrasse per vari anni. La pubblicazione ebbe luogo a Firenze, il 21 febbraio 1632, con imprimatur ecclesiastico romano, e il titolo "Dialogo di Galileo Galilei Linceo,dove ne i congressi di quattro giornate si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano" (il titolo originariamente previsto,"Del flusso e riflusso"-fenomeno costituente, per Galileo, la prova più valida dei moti di rotazione terrestre-era stato omesso per precauzione). L'opera,accolta con entusiasmo da vari amici di Galileo, suscitò invece l'irritazione della Corte romana, ove i nemici di Galileo riuscirono a convincere il pontefice che lo scienziato pisano lo aveva beffato, continuando a professare idee copernicane ed estorcendo alla Chiesa l'imprimatur. Dopo l'intimazione di presentarsi a Roma (ottobre 1632), e dopo varie dilazioni, Galileo comparve davanti al Sant'Uffizio nell'aprile del 1633. Il 22 giugno dello stesso anno fu costretto ad abiurare, e condannato al 'carcere formale'. Successivamente, gli fu consentito di ritirarsi, prima a Siena, presso l'arcivescovo Antonio Piccolomini, poi nella villa 'Il Gioiello', ad Arcetri, a patto "che vivesse con ritiratezza, e senza ammettervi molte persone insieme, a discorsi né a mangiare."
Galileo trascorse gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi a ricerche di scienza pura, in particolare alla composizione dei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, opera fondamentale per i successivi sviluppi della meccanica razionale.

Si spense l'8 gennaio 1642.

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